Il decreto legge 115/18 attribuisce al TAR le controversie sulle iscrizioni delle squadre professionistiche al campionato sottraendole alla “giustizia sportiva”.
E’ una norma scritta per gestire le decisioni federali che hanno evidenti ricadute economiche (basta pensare alla gestione dei diritti televisivi).
Ad oggi non si sa se il decreto verrà convertito in legge. Di certo, però, provoca una crepa nel muro (apparentemente) granitico della “autonomia” dell’ordinamento sportivo.
Come ho detto nella relazione di sintesi di un convegno su minori e giustizia sportiva, quando parliamo di questo argomento siamo di fronte a due colossali ipocrisie. La prima è che la giustizia sportiva serva a tutelare le persone (basta leggere il Codice di giustizia sportiva del CONI per capire che non è così).
La seconda è che il cosiddetto “ordinamento sportivo” debba avere una interlocuzione paritetica con quello statale.
Quando nacque, il sistema della giustizia sportiva serviva per dirimere questioni irrilevanti per l’ordinamento.
Ma oggi, quando persino una squalifica per dubbi sul rinnovo dell’affiliazione puo’ provocare danni economici ad atleti e societa’, come si fa a pensare che si tratta “solo di sport”?