Il limite inesistente della giustizia sportiva

Il match fra Luis Resto e Billy Collins Jr nel quale il primo vinse grazie ai guantoni appesantiti infliggendo lesioni gravissime all’avversario non è l’unico caso nella storia del pugilato.

Più di recente, Antonio Margarito (scoperto a utilizzare fasce appesantite con intonaco nel match contro Shane Mosley) fu sospettato di avere fatto lo stesso quando sconfisse in modo sorprendente Miguel Cotto (che, fortunatamente, non riportò lesioni gravi quanto quelle dello sfortunato Collins, che finì suicida).

Comportamenti del genere non possono e non devono essere limitati alla cognizione della “giustizia” sportiva ma sottoposti alla giurisdizione ordinaria senza “se” e senza “ma”. E non è ammissibile che di fronte a fatti di questa gravità la “giustizia” sportiva consenta – come nel caso di Margarito – di continuare a combattere.

Certo, il caso specifico non riguarda l’Italia, ma lo spunto di riflessione rimane tal quale. E’vero che sulla base della dottrina del rischio accettato è possibile tirare una linea fra le lesioni “intrinseche” alla pratica e quelle provocate in violazione delle regole. Ma casi come quelli di Resto e Margarito vanno trattati in modo esemplare.